Le giovani promesse dell’Est dominano il concorso e sono corteggiate dai brand. Che, con un occhio ai nuovi mercati, premiano giapponesi, cinesi e coreani.
La creatività non è più a senso unico. Complici l’accresciuta disponibilità economica dei Paesi dell’Est e la possibilità di far viaggiare le idee a una velocità fino a qualche decennio fa impensabile, negli ultimi anni il rapporto tra Occidente e Oriente non si è più sviluppato su un binario a senso unico, che da Ovest arrembava l’Est. Oggi, lo scambio è biunivoco, e sembra sovvertire il primato, in termini di trend, fino ad oggi in mano agli europei o agli americani. La hit più suonata di quest’anno è stata un brano del rapper sudcoreano Psy; all’ultimo festival di Cannes il palmares dei premi è volato in Asia; e, nella moda, all’ultima fashion week milanese ha calcato le passerelle Jiwenbo, il primo stilista cinese a essere inserito ufficialmente nel calendario della moda.
IL TRIONFO DELL’ESTREMO ORIENTE
Jiwenbo non sarà di certo l’ultimo: nel sottobosco della creatività più giovane, esiste una folta schiera di ragazzi provenienti dall’Estremo Oriente e ben determinati ad arrivare in alto. Non è un caso che a Its-International talent support, il concorso che supporta i più promettenti designer della moda, la metà esatta dei finalisti nella categoria ‘fashion’ avesse gli occhi a mandorla. E che i riconoscimenti più importanti siano di fatto andati a ragazzi orientali. Ad aggiudicarsi il premio principale del contest triestino, l’Its collection of the year, è stato il sud coreano Han Chul Lee, che ha conquistato la giuria (e 15.000 euro con cui ripresentarsi, da giurato, alla prossima edizione) con i suoi gentleman-gangster vestiti di pelle nera. L’ambito Diesel Award, 25.000 euro e uno stage di sei mesi gomito a gomito con lo staff creativo del marchio, è andato a Xiao Li, una creativa cinese che ha consegnato agli occhi della giuria una collezione dai colori pastello e dalle silhouette gonfie dall’animo di silicone. E ancora, a vincere il Ykk Award, il premio del partner del concorso specializzato in accessori da chiusura, è stata un’altra cinese, Percy Lau, così come giapponese è il vincitore del premio della giuria Tomohiro Sato. Certo, la maggioranza dei ragazzi selezionati ha frequentato scuole di moda europee. “Il Vecchio Continente può ancora vantare un sistema educativo di alto livello, capace di attrarre giovani talenti da tutto il mondo. Ma è innegabile che la geografia di provenienza degli studenti sia cambiata di molto negli ultimi anni”, spiega Barbara Franchin, fondatrice e anima di Its. La decrescita economica dell’Europa, insomma, non ha ancora intaccato il suo sistema educativo, che può vantare casi di eccellenza come il Royal College of Art di Londra, ma ha fatto sì che ad accedere agli istituti più prestigiosi non fossero più solo i figli della borghesia occidentale. In termini di creatività, ciò ha significato l’innesto di nuove ispirazioni e contaminazioni figlie della tradizione dei Paesi dell’Estremo Oriente. Quest’anno, per esempio, i partecipanti hanno indistintamente privilegiato l’aspetto materico rispetto a quello formale. “Questa edizione ha visto il trionfo della materia, della cura nello scegliere i materiali e le lavorazioni”, continua Franchin. “Certamente – prosegue –, Paesi come il Giappone e la Corea sono entrambi estremamente sensibili alla materia. I designer orientali hanno una cura eccezionale nell’assemblare materiali diversi, iniziano da un tessuto di partenza e finiscono per inventarne uno nuovo”.
LE SCELTE DEGLI SPONSOR
Viene da chiedersi se i vincitori dell’International talent support possano essere riflettori delle tendenze in arrivo: “Esiste un interscambio profondo tra passerelle e giovani. Capita che propongano capi che rispecchiano la cultura del luogo da cui provengono o che si lascino influenzare dalle tendenze già in fieri. Quel che è certo, però, è che anche a distanza di qualche anno ritroviamo nelle proposte delle case di moda elementi che in qualche modo i nostri ragazzi avevano già immaginato”. Le aziende presenti al concorso in qualità di partner (quest’anno, tra i nomi di punta figuravano niente meno che Diesel, Yoox, Ykk, Swatch e Swarovski) appuntano sul taccuino i suggerimenti migliori, fanno incetta di nuove idee e scelgono i loro prediletti sia in base al loro talento sia con un occhio rivolto ai mercati di maggiore interesse per il proprio sviluppo. Xiao Li, per esempio, si è guadagnata la fiducia del presidente di Only the Brave Renzo Rosso e del nuovo responsabile creativo di Diesel Nicola Formichetti, grazie alla sua visione laterale e arricchente del concetto di denim: capace di presentare un progetto che coronasse davvero il tema del contest, la ‘denim revolution’, ha stregato i presenti facendo dialogare knitwear e silicone. Ykk, dal canto suo, ha deciso di premiare un progetto altrettanto visionario, occhiali con un’applicazione a zip, nella loro versione funzionale e insieme rocambolesca. L’inno cantato dai ragazzi di questa edizione è stato all’esplorazione nei materiali, in linea con il fil rouge della manifestazione: la goliardica (o forse serissima?) ricerca delle leggi alla base della creatività. Chissà che l’immaginazione dei giovani di Its non si faccia un giro sulle prossime passerelle.
Di Caterina Zanzi