Il 2021 ha segnato una forte ripresa per il settore food italiano, la cui crescita si protrarrà anche nel prossimo biennio, con tassi più che doppi rispetto al Pil. A fare ombra su questo futuro apparentemente roseo, c’è però l’aumento dell’inflazione e del costo di materie prima ed energia. I dati emergono dall’edizione 2022 del Food Industry Monitor, osservatorio sul settore food realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors, la cui ottava edizione è dedicata all’analisi del rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, con un focus sulle aziende familiari e le specificità dei loro modelli di business.
Secondo lo studio, nel 2021 il food italiano ha registrato una crescita record del 6,8%, addirittura superiore alla crescita del Pil (6,6 per cento). Nel periodo, la redditività commerciale (Ros) ha raggiunto il 6,5% e la struttura finanziaria delle aziende è rimasta solida, con una lieve crescita del tasso di indebitamento. Le esportazioni hanno poi ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020.
La crescita del settore food si protrarrà anche nel biennio 2022-23 con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del Pil. La redditività commerciale è prevista in sostanziale tenuta anche per il 2022 (6,5% nel 2021) “nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime e l’impatto del ‘carovita’ sui consumi delle famiglie”, come spiegato dall’osservatorio.
Nell’anno in corso, i comparti di farine e caffè saranno interessati da una progressione a due cifre, “questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime”. E faranno bene anche i comparti di olio, surgelai e latte, mentre il vino crescerà del 4,8%, e quindi appena al di sotto della media settoriale. Anche le esportazioni continueranno a crescere nel biennio, ma a tassi molto più contenuti, con distillati, birra, latte, soft drink, vino e pasta in particolare dinamismo.
“Il 2021 è andato molto bene perché il settore è cresciuto e le prospettive per i prossimi due anni sono molto positive”, ha spiegato a Pambianco Wine&Food Carmine Garzia, responsabile dell’osservatorio Fim e docente di management dell’università di Pollenzo. “Il vero problema è l’inflazione, che è stimata nel 2022 oltre il 5%, e quindi vuol dire che la crescita reale del settore potrebbe non essere quella che ci aspettiamo”. Il secondo problema è dato “dall’aumento del costo di materie prime ed energia che sta mettendo a dura prova il settore. Per avere un’idea, circa il 57% del fatturato del settore food è costituito dai costi di produzione quindi dai consumi di materie prime. Gli aumenti non potranno essere ribaltati tutti sui clienti e quindi potrebbero andare a deprimere la marginalità delle aziende”.
Come anticipato, lo studio ha condotto un’analisi sulle aziende familiari che, con una quota del 78% sul campione analizzato (726 aziende), dimostrano di avere un ruolo preponderante nel settore del food. Le rilevazioni indicano che la maggioranza delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione e l’età media degli amministratori è di circa 60 anni. “Rispetto ad altri comparti del non food – spiega Alessandro Santini, head of corporate & investment banking per il gruppo bancario svizzero Ceresio Investors – il food è ancora un comparto alla prima generazione e direi non ancora maturo sotto gli aspetti del passaggio generazionale”.
L’86% delle aziende familiari ha un cda interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del cda mista (membri esterni e interni alla famiglia), mentre il 3% ha un board interamente esterno.
“Il concetto di ‘familiare’ ha un valore aggiunto in quanto ha mostrato resilienza nei momenti difficili”, prosegue Santini. “Ma le analisi dimostrano anche che il cocktail azienda familiare, membri della famiglia che gestiscono l’azienda insieme a professionisti e manager esterni con competenze specifiche è la formula vincente per assicurare sia un ottimo passaggio generazionale sia la crescita e lo sviluppo in un comparto che, pur dimostrandosi resiliente e robusto, sta comunque attraversando, negli ultimi due anni e mezzo, una forte turbolenza tra pandemia e guerra in Ucraina”.