Una tavola rotonda, moderata da Marialuisa Pezzali di Radio 24, per capire come l’eccellenza diffusa sia un must da perseguire per le aziende italiane di alta gamma, al di là del settore di appartenenza. Se ne è parlato martedì 28 giugno presso lo showroom di Veneta Cucine, promotrice del talk che ha visto protagoniste case history provenienti dal mondo della cosmetica, del design e del food. Tutte con la stessa filosofia: perseguire la qualità, mantenendo identità e tradizione ma esplorando nuovi territori.
“L’eccellenza dell’industria italiana – ha esordito Dionisio Archiutti, vicepresidente di Veneta Cucine, introducendo la tavola rotonda affiancato da Duccio Brunetti, responsabile vendite di Siemens (tra le due aziende è attiva una partnership, ndr.) – continua ad essere competitiva”. “Quella di oggi – ha proseguito Francesco Morace, presidente di Future Concept Lab – è una società che sa emozionare. Eccellenza significa estrarre la qualità da ciò che si fa. E’ un concetto diverso da quello di lusso che invece ha come obiettivo il superamento, l’eccesso, l’andare oltre”. Secondo Morace per eccellere bisogna prestare attenzione al dettaglio, saper fare e, solo successivamente, sapersi raccontare”. L’eccellenza, inoltre, non risiede solo nel prodotto ma anche nelle strumentazioni e nei macchinari utilizzate per realizzarlo.
E’ d’accordo Alberto Alemagna, ideatore del brand T’A insieme al fratello Tancredi, che spiega come l’azienda, che fattura l’85% in Italia, investa in macchinari, soprattutto made in Italy. E parla della necessità per molte aziende troppo piccole di dimensione di managerializzarsi per intraprendere l’internazionalizzazione.
“L’eccellenza del nostro brand – ha spiegato Daniela Archiutti, art director di Veneta Cucine – è insito nel nostro nome che ricorda le nostre origini, il Veneto, e il nostro prodotto, le cucine. I nostri plus sono la vocazione artigianale e manifatturiera e il legame con il territorio. In sintesi, competenza e componente umana”.
Più complicata la situazione della ‘bellezza’ nella Penisola in quanto, secondo le parole di Davide Bollati, presidente di Davines, l’Italia non è tra i primi Paesi del settore. Preceduta da Francia, Stati Uniti e Giappone, è legato all’export, infatti, l’85% del nostro fatturato. Le cose però stanno cambiando.”Da noi la cosmetica è ancora associata alla frivolezza, motivo per cui noi cerchiamo di spiegare il nostro approccio scientifico, diffondendo questa eccellenza fuori settore attraverso partnership nella ristrutturazione di opere architettoniche storiche. Anch’esse sinonimo di bellezza”.
Una visione d’insieme sulle aziende italiane di alto livello proviene da David Pambianco, VP di Pambianco Strategie di Impresa nonché editore delle testate Pambianco Design, Beauty e Magazine, che ha ricordato come già anni fa osservando le pmi nel nostro Paese si notasse la presenza dell’eccellenza in ogni dettaglio, anche nel meno visibile. “Abbiamo quindi intuito la necessità di raccontare le eccellenze partendo dai numeri, che sono un po’ la cartina di tornasole del buon funzionamento di una società. Raccontare è, infatti, diffondere le eccellenze”. Lo storytelling è essenziale, secondo Pambianco, per chi fa comunicazione per un brand. “La sfida – ha dichiarato a conclusione del suo intervento – è, oltre alla sostenibilità, introdurre l’uso della tecnologia. Solo così si può crescere”.
E’ stato, infine, il turno di Luca Scanni, di Pavè, una pasticceria con laboratorio a vista messa in piedi da tre amici che hanno avuto la lungimiranza di puntare sui canali social. “Girando il mondo – ha affermato Scanni – abbiamo capito il tipo di locale che avrebbe potuto funzionare anche in Italia. Abbiamo selezionato poche materie prime, ma di ottima qualità e abbiamo iniziato il nostro storytelling prima ancora dell’apertura dello spazio, individuando già clienti potenziali”.
Dall’incontro è emerso, quindi, il bisogno di mantenere la propria eccellenza puntando sulla sostenibilità e sulla ‘corporate diversity‘ secondo la definizione azzeccata di Daniela Archiutti, che rappresenta lo step successivo della ‘corporate identity’, già consolidata.