Save My Bag apre il primo flagship store a Milano e porta così a 8 i propri punti vendita monomarca in Italia. Il marchio italiano di accessori ha inaugurato il negozio giovedì scorso al civico 37 di via Manzoni, a pochi passi dal Quadrilatero della moda, con un evento speciale.
“Siamo in un momento di forte espansione internazionale: in pochi anni abbiamo aperto 8 monomarca nel nostro Paese e 15 all’estero, tutti in location di massimo prestigio”, spiega a PambiancoTv Valentina Agazzi, fondatrice del brand insieme al compagno Stefano. “Solo nell’ultimo mese abbiamo inaugurato nuovi store in Messico, Spagna e Giappone”. Il marchio, oltre che con i propri negozi, è presente nel mondo tramite 1500 punti vendita tra monomarca e multibrand come Saks, La Rinascente e Harvey Nichols in circa 30 Paesi. I mercati di maggiore importanza sono l’Asia, e nello specifico Giappone e Corea, seguita da Europa ed Emirates. Nel mirino, lo sbarco in Cina e l’apertura dello showroom statunitense a New York, tramite un accordo con Showroom Seven.
Il negozio milanese si caratterizza per un design riconoscibile, con elementi a specchio e pareti espositive che valorizzano la variegata gamma cromatica delle borse Save My Bag. Al piano inferiore dello store, anche una sezione dedicata alla casa. “Questo di Milano era un negozio che desideravamo da tanto e per cui cercavamo uno spazio che ci identificasse da 3 anni, l’abbiamo trovato poco prima di Natale. Abbiamo creato uno store che ci rappresenta e ci dà fiducia nella crescita del marchio”, racconta Stefano Agazzi.
Nata dall’idea di proteggere la propria borsa griffata, Save My Bag si è velocemente imposta grazie a una presenza molto attiva sui social network e alle sue It Bag in tessuto innovativo e 100% made in Italy. “Siamo nati da una sfida nel 2013 a Bergamo e produciamo fino a 200 borse al giorno, tutte realizzate grazie a una rete di laboratori italiani: tengo a sottolineare che cerchiamo le cerniere, i tessuti e le lavorazioni tutte all’interno della nostra città. Siamo molto fieri di poter affermare che si può fare moda producendo in Italia “, conclude Agazzi.