I brand e la filiera nazionale sono un tutt’uno e da questa sinergia dipenderà la forza del made in Italy. È quanto emerso dall’intervento di Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, durante il 27° Pambianco – PwC Fashion Summit di ieri.
“In passato – ha spiegato il manager – la nostra filiera era spesso vista erroneamente quasi in contrapposizione con i marchi, le due componenti sono invece fortemente integrate. Il Covid ci ha resi più consapevoli del valore della sostenibilità e dell’alta qualità, ed ecco che la nostra filiera diventa prominente, di riferimento per tutto il mondo. Inoltre durante la pandemia le difficoltà della logistica hanno portato a un reshoring naturale e si è scoperto che, tutto sommato, il consumatore è disposto a pagare di più se ci sono garanzie di sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale”.
Capasa ha anche sottolineato le debolezze della filiera, spesso le piccole aziende italiane sono familiari e sottocapitalizzate, Cnmi fa squadra con i propri brand per salvaguardarla: “È nostra cura difendere il patrimonio primario dei marchi ovvero la loro catena produttiva. Abbiamo un accordo molto importante con le associazioni di categoria, ad esempio cerchiamo di tutelare le 30mila realtà di Confartigianato che lavorano nella moda. Alcuni brand si sono rivolti alle banche garantendo per le aziende, altri sono entrati con percentuali minoritarie nelle aziende, altri ancora le hanno acquisite lasciando però il controllo ai fondatori, si tratta infatti di realtà basate sulla passione che ci dà creatività e flessibilità”. Capasa ha ricordato come la filiera italiana sia stata di ispirazione alla Silicon Valley americana, avere tanti piccoli produttori specializzati funziona, è garanzia di flessibilità, vero segreto della filiera italiana: “Siamo la Silicon Valley europea e dovremmo essere molto più tutelati dall’Europa di cui raccontiamo i valori di solidarietà, qualità e creatività. L’Italia rappresenta il 46% della produzione europea, il secondo Paese è la Germania con l’11 per cento”.
Il presidente di Cnmi smentisce la competizione con la Francia che, anzi, è un’alleata: “Noi e i francesi siamo gli unici a difendere l’alta qualità, altrimenti rischieremmo di essere vittime del sistema che antepone il marketing alla creatività. Noi non soddisfiamo bisogni, noi creiamo sogni. Spesso l’italia non è cosciente del valore che rappresenta, spesso non sappiamo raccontarci. I momenti narrativi come la fashion week, i Sustainable Fashion Awards e il summit sulla sostenibilità appena organizzato a Venezia ne sono un esempio e dimostrano che quando siamo in grado di raccontare amplifichiamo i nostri valori”.
Capasa ha ricordato la centralità della formazione come forma di tutela del nostro know-how: “Abbiamo carenza di alcune figure, ci sono aziende costrette a formare la loro forze lavoro internamente. Occorre lavorare sulla formazione se vogliamo essere ancora più competitivi. Ho apprezzato molto gruppi come Florence, Hind e Pattern che hanno creato dei conglomerati industriali acquisendo tanto artigianato per valorizzare la filiera”.