“I bravi architetti non sono star ma delle persone che realizzano belle architetture”. Potremmo riassumerla così la figura di Tadao Ando. E’ in occasione della conferenza stampa nel flagship store di Duvetica che incontriamo il designer di fama mondiale. In via Santo Spirito 22, a Milano, il designer giapponese ci ha introdotto alla mostra dedicata ai suoi ultimi progetti museali realizzati tra Europa e Giappone dalla metà degli anni ‘90 ad oggi, tra cui rientra appunto la collaborazione con Duvetica iniziata nel 2010.
“Ciò che lega i miei progetti, a partire dalla realizzazione del museo Punta della Dogana a Venezia fino ad arrivare al flagship dove siamo presenti in questo momento” afferma Ando “risiede nell’accuratezza dei dettagli, incluso quello che non si vede, che ha pari importanza alla parte estetica esterna”.
Tadao Ando nasce a Osaka nel 1941 e nel 1969 fonda il suo primo studio di architettura, la Tadao Ando Architect & Associates. Il suo approccio all’architettura richiama i principi dell’estetica minimalista, in cui Ando ricorre quasi esclusivamente al cemento a vista, con cassaforme basate sulle dimensioni del tatami giapponese e spesso associate a legno e pietra.
Considerato un archistar, il rigore minimalista di Ando lo rende apprezzato da alcune fra le più importanti case di moda, tra cui Giorgio Armani, per il quale ha dato nuova linfa minimalista allasede di via Borgognone a Milano, e il gruppo Benetton, per cui ha realizzato il centro di ricercaFabrica, in provincia di Treviso. Ultimo fra le sue creature è il progetto di riqualifica voluto dallaFrançois Pinault Foundation, tramite la quale il magnate del lusso François-Henri Pinault ha voluto dare a Venezia un centro permanente di arte contemporanea nel quale sono esposte le opere di proprietà della fondazione. “Bisogna sempre rispettare il volere di chi commissiona l’opera – afferma Ando – e gli spazi in cui essa viene realizzata. Da solo un architetto non può far nulla. Ho sempre basato il mio lavoro su questo concetto e credo sia il segreto per realizzare opere anche molto differenti tra loro”.
Parla con pacatezza Tadao Ando e a chi gli chiede come si evolverà il Design risponde: “Io non posso dire come sarà nel futuro, so solo che le cose si evolvono molto velocemente e che il modo di pensare attuale al Design sarà fuori luogo nel nostro futuro prossimo. Dovremo adattare le nostre capacità a una velocità sempre crescente”. Tra le prossime collaborazioni di Ando ci sono la progettazione di una seduta per Carl Hansen e alcune mostre in Brasile “ci sono di Paesi nel mondo che stanno crescendo sia in termini economici che culturali e in quelle aree ci chiederanno di costruire edifici. Non so come saranno perché entrano in gioco molte variabili, l’unica cosa certa di cui ci dovremo preoccupare è che questi edifici devono un’eredità alle genarzioni future”. E quando parliamo del nostro Paese l’archistar avvisa: “Voi siete il Paese del Design ma nel futuro gli italiani dovranno ricercare nuovi modi e realizzare prodotti nuovi. Questo vale non solo in quest’ambito ma anche per l’architettura, l’interior design e la moda, che dovrebbero influenzarsi gli uni con gli altri, facendo così emergere da questo miscuglio nuove correnti” conclude Ando.