Le operazioni di finanza straordinaria, dalle aggregazioni alla managerializzazione di family company, sono state al centro della discussione nella tavola rotonda che ha visto confrontarsi, sul palco di Palazzo Mezzanotte per l’8° Pambianco – Interni Design Summit, Giovanni Battista Vacchi, amministratore delegato di Colombini Group, Walter Ricciotti Managing Director di Made in Italy Fund e Andrea Sasso Chairman e CEO di Italian Design Brands (IDB). Ad accomunare le tre realtà, la volontà di crescere tramite aggregazioni nel rispetto del dna delle aziende acquisite, alla guida delle quali mantenere gli imprenditori già presenti. Ma non solo, un impegno condiviso è anche quello verso l’innovazione, la sostenibilità e il welfare.
A voler scommettere sulla Borsa è IDB che ha, di recente, annunciato l’intenzione di quotarsi nel primo semestre 2023. “Siamo il risultato di un club deal con un’ottima combinazione tra soci finanziari di altissimo standing, che pesano per il 67%, e imprenditori, che pesano per il 33 per cento”, esordisce così Andrea Sasso spiegando come dal 2015 IDB abbia unito eccellenze italiane creando nove società divise in tre aree strategiche di affari: quattro società nell’arredo, tre nella luce e due nel luxury contract.
“Sin dall’inizio, azionisti e management hanno sempre parlato di quotazione, considerandola un punto di partenza e non di arrivo. Due sono gli aspetti che troviamo attrattivi in questa operazione, la trasparenza nella presentazione delle aziende e dei brand agli investitori e la raccolta di capitali che permette di accelerare il nostro passo. Un passo importante considerando che fino ad oggi abbiamo fatto un’acquisizione all’anno, due addirittura nel solo 2018. E speriamo che anche questo sia l’anno per due acquisizioni”. IDB punta alle pmi tra i 5 e i 30 milioni di euro di fatturato che stanno andando bene e con l’intenzione di mantenere alla guida gli imprenditori già in azienda che si trovano così a potersi confrontare sulle scelte con colleghi non competitor, riuniti in diversi comitati organizzati da IDB, con focus, ad esempio, sull’illuminazione o sull’arredo.
Dell’ingresso di società finanziarie nel capitale delle aziende familiari parla Walter Ricciotti che con Made in Italy Fund sta seguendo diverse operazioni in settori che spaziano dalla moda al vino e vede progetti interessanti nel mondo del design che considera un settore ancora più “sfidante” per la rilevanza che assume la figura dell’imprenditore: “Oltre ad aver investito in Mohd, con il quale stiamo facendo un percorso di straordinaria crescita, siamo vicini a chiudere un’altra operazione con una singola azienda monobrand”, anticipa Ricciotti rivolgendo alla platea di imprenditori l’invito a valutare la possibilità di aprirsi a investitori, ricordando quanto sia necessaria la crescita dimensionale per competere a livello internazionale. “Il repricing che c’è stato sui mercati quotati – commenta Ricciotti – avrà un impatto anche sui mercati privati, non andrà però a ridursi l’attività di m&a, a maggior ragione nel settore del design“.
Aggregazioni e managerializzazione, insieme, hanno caratterizzato il percorso di Colombini Group che nel 2021 ha realizzato un fatturato di 270 milioni di euro, dei quali l’85% sul mercato italiano. Un gruppo che ha sempre avuto nelle corde sia la crescita organica attraverso investimenti nella rete retail sia la crescita per aggregazioni. “Siamo investitori di lungo termine, industriali – afferma Giovanni Battista Vacchi -, noi parliamo di ‘senso del capitale estremamente paziente’ infatti desideriamo aggregare altre aziende del design e dell’arredamendo dove il fondatore, il manager, il dna dell’azienda decide che vuole rimanere con un’altra famiglia per i prossimi dieci-quindici anni o oltre”. La più recente acquisizione per Colombini Group, che produce cucine e mobile componibile, è stata quella di Bontempi Casa che ha portato le sue competenze nel ‘centro stanza’ cedendo una quota del 60%, ma mantenendo i quattro cugini alla guida della società. “Oggi siamo alla ricerca di nuove opportunità, ma senza fretta”, conclude Vacchi.
Sul fronte e-commerce, IDB, che ad oggi vende il 7% online tramite e-commerce indiretto, sta studiando di realizzare una piattaforma di vendita diretta e una modalità di vendita indiretta ma controllata. “L’evoluzione è in atto – commenta Sasso – e noi andiamo in questa direzione”. È concorde Ricciotti che con Mohd prevede di mettere a segno un +30% quest’anno, dopo un +50 nel 2021 e spiega come oggi non sia più così netta la dicotomia tra investitori industriali e investitori finanziari. Colombini Group, invece, è interessato solo marginalmente all’e-commerce e vuole proseguire con una strategia basata sul retail fisico: “I nostri clienti hanno bisogno del contatto diretto per pianificare i propri progetti – afferma Vacchi -. Questo sarà il futuro della nostra distribuzione”.
Si dice “non ossessionato dall’apertura di nuovi negozi” invece, Sasso, soddisfatto dei 4 dos e dei 15 monobrand di cui dispone IDB, ma dichiarandosi intenzionato a raddoppiare il numero dei monobrand tramite dealer. “Se si apre un negozio però, deve reggere, non lo si può fare per puro marketing”, chiosa il manager. “Per poter sostenere un retail – conclude Vacchi riallacciandosi alle affermazioni di Sasso – bisogna aumentare il numero di ingressi nei negozi e gli scontrini medi. Riuscire ad avere un’offerta completa di prodotto è senz’altro uno dei fattori vincenti del retail”.