Al via da oggi a martedì 6 settembre l’82esima TheMicam, la fiera internazionale delle calzature promossa da Assocalzaturifici, che nei padiglioni di Fiera Milano, ospita 1478 aziende espositrici (di cui 827 italiane), estendendo la propria rete di nomi di rilievo a brand come F.lli Borglioli, Gattinoni, Missoni e Pollini. Presenti all’evento di apertura, oltre ad Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici, Riccardo Braccialini, presidente di Aimpes e Roberto Briccola, presidente di Mipel, anche il sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto, il presidente dell’Agenzia Ice Michele Scannavini e l’AD di Fiera Milano Corrado Peraboni. Oltre 30 mila i buyer attesi, cento dei quali, provenienti da 15 Paesi, approderanno a theMicam grazie al contributo del Ministero dello Sviluppo Economico, nell’ambito del piano 2016-2017 di promozione del made in Italy. “Oggi si apre l’82esima edizione di un salone che è il più importante al mondo per il settore delle calzature, un salone che non è solo una fiera d’immagine, ma un luogo concreto per concludere ordini e affari. In questa edizione vedremo crescere in numero dei brand di rilievo, preludio di ulteriori novità per l’edizione di febbraio. Da organizzatori e imprenditori dobbiamo sforzarci di guardare il bicchiere mezzo pieno, e continuare a innovare nonostante una crisi aggravata da diversi fattori”, ha dichiarato a Pambianco Tv Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici e di theMicam, annunciando inoltre un cambiamento nel calendario della fiera per l’edizione di settembre 2017, che non si svolgerà più dall’8 all’11 settembre 2017 ma dal 17 al 20 settembre, giorno d’inizio della fashion week milanese.
Per quanto riguarda i dati di settore, il primo semestre del 2016 conferma una situazione complessa, con un calo del 2% in volume sulla prima metà del 2015 e il numero degli addetti che si riduce dello 0,2 per cento. Secondo cifre diffuse dall’Istat relative all’export italiano di calzature, da gennaio a maggio 2016 sono state esportate 92,5 milioni di paia di scarpe, 635 mila paia in meno rispetto allo stesso periodo 2015, per 3,6 miliardi di euro. Relativamente alle aree geografiche di destinazione, tiene nel complesso la UE28, dove l’Italia vende sette scarpe su dieci esportate: -0,7% in volume, malgrado il -5,7% della Francia. Lieve aumento in Germania (+2,5%) e recupero a due cifre nei Paesi Bassi (+15,3%). Stabile nelle quantità (ma il periodo di riferimento è pre-Brexit) il Regno Unito, quarto nostro mercato per numero di paia. I Paesi extra-UE, che dopo il crollo degli scambi del 2009 erano stati il traino del settore, segnano il passo, registrando variazioni dei flussi identiche a quelle comunitarie (-0,7% in volume e +4,1% in valore). Diversi gli elementi economici e geopolitici che hanno frenato la domanda: dalla crisi sui mercati ex-sovietici, in cui forse ora è stato raggiunto il fondo, e al rallentamento dell’espansione nel Far East si è aggiunta da ultimo la frenata negli Usa (non inattesa ma non per questo poco impattante, considerata l’importanza del mercato americano per le vendite dei prodotti Made in Italy) e in Medio Oriente.
“La ripresa del settore non si è materializzata neppure nella prima parte del 2016. I primi cinque mesi registrano un export che migliora in valore, ma perde lievemente in paia di scarpe esportate. Si ferma il crollo dell’area CSI e della Russia, ma il primo timido recupero registrato nei dati Istat dei primi 5 mesi non è certo sufficiente per ridare vitalità a un mercato per noi primario e da troppo tempo in ginocchio. Nel frattempo altri sbocchi rilevanti, come gli Usa, perdono quota e la domanda interna continua a contrarsi. I volumi produttivi sono a livelli insoddisfacenti, intollerabili per la maggioranza delle nostre imprese. E l’andamento della cassa integrazione lo dimostra: le ore di cassa nei primi 7 mesi del 2016 sono balzate del 27% a 9,4 milioni. Per questo chiediamo ancora una volta la sospensione delle sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Russia. Chiediamo al Governo scelte coraggiose: la defiscalizzazione degli investimenti per la realizzazione dei campionari e l’abbattimento del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo contributivo. E ancora chiediamo un impegno deciso dell’Italia nel portare avanti a Bruxelles il dossier dell’indicazione di origine obbligatoria per le calzature made in Italy”, ha concluso Annarita Pilotti.